Il detenuto malato di mente e la detenzione domiciliare.

La Corte Suprema di Cassazione Prima sezione, con ordinanza N. 29488/2019 ha affermato che, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 99 del 2019, la seria patologia psichica – non incidente sulla capacità di intendere e di volere al momento del fatto – di cui è portatore un soggetto detenuto può dar luogo, da parte del tribunale di sorveglianza, all’applicazione della detenzione domiciliare di cui all’art. 47-ter comma 1-ter ord. pen. anche in deroga rispetto all’entità del residuo di pena, al titolo di reato e all’eventuale sottoposizione del ricorrente al regime differenziato di cui all’art. 41-bis ord. pen., dovendo ritenersi non più vigente l’art. 148 cod. pen.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n.99/2019 è intervenuta stabilendo l’applicazione della detenzione domiciliare, anche in deroga alle norme che disciplinano tale istituto (quote di pena e tipologia di reato),  nel caso in cui il detenuto sia affetto da una grave patologia psichica, incompatibile con la detenzione in carcere.

Posto che gli OPG  (Ospedali Psichiatrici Giudiziari) sono stati definitivamente abrogati, le REMS sono state istituite esclusivamente per il trattamento di patologie psichiche, che hanno determinato il riconoscimento della non imputabilità o di avvenuta applicazione della misura di sicurezza post-delictum. Dunque si è di fatto creato un vuoto normativo a discapito della tutela della salute del detenuto, il quale anche a causa della detenzione stessa, abbia riscontrato una grave patologia psichica non compatibile con la vita nell’istituto penitenziario. Tutto ciò costituisce una grave violazione dell’articolo 32 della  Costituzione.

Il Principio affermato dalla Suprema Corte determina un rimedio incisivo a questa grave carenza nei confronti  del detenuto malato di mente, il quale può chiedere al Giudice che la pena sia eseguita attraverso la detenzione domiciliare.  Il luogo della detenzione può essere inteso sia come domicilio, sia come luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza “ con valutazione caso per caso e apprezzamento in concreto, tanto della gravità patologica che del livello della pericolosità sociale delle persone di cui si discute”.

Tutto ciò al fine di contemperare le esigenze di protezione della società.

D’altro canto non bisognerebbe mai dimenticare che l’articolo 27 /2 Cost. prevede: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Questo patto sociale contenuto nella norma dovrebbe essere sempre rispettato.

A fronte  della protezione della società, la restrizione della libertà dell’uomo ha uno scopo che è quello della rieducazione del reo,. Tale processo dovrebbe avvenire in modo costante, con impiego di persone altamente specializzate e con il supporto di tutte le istituzioni, enti ec..

Lo scopo della società si esplica nel tutelare gli individui e di consentire la realizzazione di una vita nel rispetto dei valori e dei principi inviolabili dei quali tutti gli Stati, dovrebbero esaltare la loro applicazione concreta, compiendo ogni nobile sforzo. Gli ideali che permeano l’uomo fanno si che anche le sue azioni siano dirette verso il miglioramento e il progresso dell’umanità.