La disciplina delle professioni non organizzate in ordini e collegi come previsa dalla Legge 4/2013.

La legge n.4/2013, in attuazione dell’art. 117, terzo comma della Costituzione e nel rispetto dei principi dell’Unione Europea in materia di concorrenza e di libertà di circolazione, disciplina le professioni non organizzate in ordini e collegi, come espressamente previsto.

Per professione nell’ambito così delineato si intende l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo (al di fuori di quanto previsto dall’articolo2229 c.c.), sia in forma individuale, sia in forma associata, societaria, cooperativa o nella forma del lavoro dipendente.

Questa norma scaturisce da due esigenze.

La prima è quella di disciplinare, attraverso principi applicativi (contenuti ed elementi formativi, autoregolamentazione volontaria, sistema di attestazione, validità dell’attestazione. Certificazione di conformità e norme tecniche UNI, vigilanza e sanzioni) le professioni non organizzate, con espresso e categorico divieto di svolgere attività rientranti in quelle previste negli albi professionali, ameno che non si dimostri di avere i relativi requisiti. La seconda è quella di tutelare i terzi verso i quali i servizi sono rivolti, in modo che siano evitate tecniche manipolatorie, soprattutto nei confronti dei soggetti più deboli.

Si aggiunge il crescente interesse a livello europeo finalizzato a migliorare la salute ed il benessere delle persone.  L’UE ha il dovere di garantire che la salute umana sia tutelata in tutte le politiche e di collaborare con gli Stati membri per migliorare la salute pubblica, prevenire le malattie ed eliminare le fonti di pericolo per la salute fisica e mentale, anche in via preventiva. L’ampia strategia (Europa 2014-2020, Horizon 2020 – fondi europei diretti ed indiretti) ha permesso e permette anche di promuovere idee innovative professionali, che consentono di sviluppare una ampia rete di prevenzione delle malattie e tecniche innovative che incidano sul prolungamento dell’aspettativa di vita, anche al di fuori del sistema prettamente sanitario.

Tutto ciò premesso si sono   formate diverse figure professionali. Come ad esempio il counselor, il coach, il facilitatore.

Sul tema è interessante   esaminare la sentenza del Consiglio di Stato n.00546/2019 reg. prov. Coll. N. 01273/2016 Reg. Ric. pubblicata il 22 gennaio 2019., in sede giurisdizionale (sezione sesta). Il caso riguarda il Consiglio nazionale degli psicologici, il quale aveva presentato ricorso nei confronti del C.N.C.P. – Coordinamento nazionale counsellor professionisti, avverso il provvedimento con il quale il Ministero dello sviluppo economico (MISE), aveva inserito l’AssoCounseling nell’elenco delle associazioni professionali non regolamentate ai sensi della legge n. 4/2013.  Il motivo principale era:  “…..l’interesse ad agire, in quanto portatore degli interessi degli psicologi professionisti iscritti al relativo Albo, titolari di esercitare in via esclusiva tutte le attività che la legge istituiva dell’ordinamento dello psicologo, L. 18 febbraio 1989, n.56, riserva ad essi, oltre la titolarità delle connesse prerogative, sosteneva che gli iscritti al predetto Albo  solo dopo aver superato l’esame di Stato che consente di ottenere la relativa abilitazione ai laureati in psicologia, che siano in possesso di adeguata documentazione attestante l’effettuazione di un tirocinio pratico, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministero dell’istruzione, mentre la qualifica di counselor si acquisisce semplicemente frequentando un corso triennale di formazione in ambito privato, senza alcuna provenienza accademica, la circostanza che ciò basti a consentire a costoro di svolgere attività molto vicine a quelle degli psicologi professionisti, fatta eccezione della sola attività di diagnosi, che non è contemplata espressamente tra quelle svolte dagli aderenti ad Asso Counseling, costituisce una seria messa in pericolo dell’esclusività delle funzioni dello psicologo professionista, creandosi una significativa confusione (anche da parte dell’utenza) sul reale perimetro operativo esistente (anche giuridicamente) tra le attività svolte dagli e dagli altri”.  In sostanza la contestazione riguardava la violazione dell’articolo 2229 c.c. per l’esercizio di una professione sanitaria, senza possedere il titolo previsto dalla legge.

L’assoCounciling si difendeva sostenendo che l’attività dei proprio associati è una attività il cui obiettivo è il miglioramento della vita del cliente, sostenendo i suoi punti di forza e capacità di autodeterminazione. Si rivolge al singolo, alle famiglie, a gruppi e istituzioni, come tra l’altro dichiarato nel modello dichiarativo predisposto dal MISE.

Il Tar Lazio aveva accolto il ricorso disponendo la cancellazione della predetta associazione dal surriferito elenco.

Il Consiglio di Stato annullava la sentenza  impugnata, ribadendo che la ratio  dell’intervento legislativo  in esame  era quello di salvaguardare gli utenti (o, più genericamente,  consumatori) , attraverso l’attento rispetto di obblighi di formazione costante e di trasparenza, per il tramite delle associazioni di professionisti e che il MISE non aveva  alcun dovere  di effettuare  istruttorie approfondite tra l’attività di counseling e quella di psicologo professionale e neanche di individuare ambiti di sovrapposizione professionale, trattandosi di questioni che fanno capo ai singoli professionisti iscritti alla AssoCounseling. Qualora, infatti, questi ultimi trasgrediscano le previsioni normative di settore, tali illeciti saranno oggetto di esame da parte delle Autorità competenti.

Interessante è la circolare -01/10/2018, n.3708/C (sito https://www.mise.gov.it/index.php/it/mercato-e-consumatori/professioni-non-organizzate/modulistica). In particolare, la associazione nel proprio sito web deve indicare: atto costitutivo e statuto con indicazione degli estremi della registrazione; regolamento (se citato nello statuto), precisa indicazione delle attività professionali eserciate dagli associati; composizione degli organismi deliberativi e titolari delle cariche sociali; struttura organizzativa dell’associazione (organigramma); requisiti per la partecipazione all’associazione, assenza di scopo di lucro.

Nel caso   che l’associazione intenda rilasciare ai propri associati   l’attestazione delle qualità dei servizi sul sito web   deve inoltre contenere: il codice di condotta, l’elenco degli associati aggiornati annualmente; l’indicazione delle sedi regionali, al riguardo si richiede la presenza in almeno tre regioni, con pubblicazione dei relativi indirizzi (che devono essere indicati anche nella modulistica presentata). Presenza di una struttura tecnico – scientifica dedicata alla formazione permanente, diretta o indiretta, degli associati; eventuale possesso da parte del professionista iscritto di una certificazione, rilasciata da un organismo accreditato, relativa alla conformità delle competenze alla norma tecnica UNI di riferimento del settore; sportello per il cittadino (specifico link) con tutti i riferimenti normativi, recapiti telefonici e indicazione della funzionalità dello sportello.

Si precisa, infine, che la normativa si applica anche quando la professione viene svolta attraverso la costituzione di associazioni su base volontaria.

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