Nella cessione dell’azienda fatta dal curatore l’ufficio può rideterminare il valore.

L’operazione di cessione d’azienda fatta dal curatore non è assimilabile alla vendita tramite asta pubblica. Non può applicarsi la deroga prevista dal Tur, che è norma eccezionale, non suscettibile d’interpretazione analogica o estensiva. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4054 del 12 febbraio 2019, ha chiarito che la modalità di vendita dell’azienda a trattativa privata, su autorizzazione del giudice delegato del fallimento, non può essere ricompresa tra le ipotesi per le quali il Testo unico dell’imposta di registro predetermina la base imponibile, in deroga ai normali criteri di determinazione del valore ai fini impositivi, nel prezzo dell’aggiudicazione. Il comma 1, dell’articolo 44, del Tur dispone infatti che: “Per la vendita di beni mobili e immobili fatta in sede di espropriazione forzata ovvero all’asta pubblica e per i contratti stipulati o aggiudicati in seguito a pubblico incanto la base imponibile è costituita dal prezzo di aggiudicazione, diminuito, nell’ipotesi prevista dall’art. 587 del codice di procedura civile, della parte già assoggettata all’imposta”.

Secondo la curatela, invero, la vendita dell’azienda mediante trattativa privata doveva essere assimilata alla vendita mediante asta pubblica, con conseguente impossibilità per l’ufficio di esercitare i relativi poteri di rettifica, procedendo alla rideterminazione del valore. Secondo invece i giudici di legittimità, nel sistema dell’imposta di registro, la base imponibile cui applicare l’imposta proporzionale è costituita, in via generale, ai sensi dell’articolo 51, Dpr 131/1986, dal “valore del bene o del diritto alla data dell’atto ….” (in mancanza o se superiore, dal corrispettivo pattuito), con la specificazione che, per gli atti che hanno per oggetto aziende o diritti reali su di esse, si intende per valore “il valore venale in comune commercio”.
Inoltre, per gli atti che hanno per oggetto aziende o diritti reali su di esse, il valore è controllato dall’ufficio con riferimento al “valore complessivo dei beni che compongono l’azienda, compreso l’avviamento….”.
L’articolo 44 dello stesso decreto introduce una deroga, statuendo che, per le espropriazioni forzate e i trasferimenti coattivi, la base imponibile va individuata nel prezzo di aggiudicazione, cioè nel valore al quale l’immobile è stato assegnato a colui che è risultato aggiudicatario del bene in sede di vendita fallimentare.
In termini generali, la Cassazione ha avuto modo di confermare, che la richiamata disposizione deve considerarsi norma di carattere eccezionale, non suscettibile di interpretazione analogica o estensiva al di fuori dei casi espressamente contemplati.

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