Il Comune è responsabile per i danni causati da animali randagi.

(Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza n. 31957/18; depositata l’11 dicembre)

La costante giurisprudenza afferma che il danneggiato deve farsi carico dell’onere di individuare in concreto il comportamento colposo ascritto all’amministrazione comunale convenuta in giudizio per il risarcimento dei danni patiti a causa di animali randagi, nonché la riconducibilità dell’evento dannoso al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria in base al principio della causalità omissiva. Non è infatti sufficiente che la normativa regionale assegni al Comune il compito di controllare e gestire il fenomeno del randagismo o di provvedere alla cattura e alla custodia degli animali randagi. Tale onere probatorio discende dall’applicazione dell’art. 2043 c.c. che, al contrario dell’art. 2052 c.c. invocabile nelle ipotesi di potere/dovere di custodia dell’animale con concreta possibilità di vigilanza e controllo, consente l’affermazione di responsabilità solo dopo l’individuazione del comportamento colposo concretamente ascrivibile al convenuto secondo i criteri della prevedibilità ed evitabilità del fatto.

Applicando tali principi alla fattispecie in esame risulta dunque che, pur essendo prevedibile l’attraversamento della strada da parte di un animale randagio, la sussistenza di un obbligo del Comune di evitare tale evento avrebbe dovuto essere valutata secondo un criterio di ragionevole esigibilità, «tenendo conto che per imputare a titolo di colpa un evento dannoso non basta che esso sia prevedibile, ma occorre anche che esso sia evitabile in quel determinato momento ed in quella particolare situazione con uno sforzo proporzionato alle capacità dell’agente».

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