Sequestro di dati informativi estrapolati da computer, i Principi di pertinenza, di proporzionalità e la loro applicazione.

La cassazione penale con sentenza n.4857 del 30 gennaio 2019 chiarisce i principi di pertinenza, di proporzionalità e la loro applicazione.

Infatti nei casi in cui il sequestro abbia ad oggetto un computer o un supporto informatico, l’interesse alla restituzione riguarda il dato “in sé” e non anche il supporto che originariamente lo conteneva o quello sul quale il “clone” sia stato trasferito, sicché la mera restituzione del supporto non può considerarsi come esaustiva restituzione della cosa in sequestro. Da tale assunto discende, quale naturale corollario, che non solo la persistenza dell’interesse a ricorrere, ma anche l’osservanza o meno dei principi di pertinenza e di proporzionalità del vincolo reale, debba essere valutata con riferimento non al “contenitore” (computer e supporti informatici) in ipotesi restituito, bensì al “contenuto” (dati informatici in essi memorizzati), costituente “patrimonio informativo” ancora assoggettato ad ablazione.
In altri termini, non può escludersi una violazione dei principi di pertinenzialità e di proporzionalità in considerazione del mero rilievo che il computer e gli altri supporti siano trattenuti dall’A.G. ai soli fini dell’estrazione di copia dei dati in essi registrati, là dove l’interesse del privato azionato col ricorso non si correla soltanto alla restituzione materiale del supporto informatico, ma si connette anche al ripristino del diritto all’esclusiva disponibilità delle informazioni, alla reintegrazione della privacy o del diritto al segreto violati dal provvedimento ablativo.
Il giudice del riesame deve quindi verificare l’osservanza dei principi di pertinenza e di proporzionalità del materiale oggetto di ablazione e, dunque, ordinare la distruzione dei “cloni” dei dati per tale via ottenuti che risultassero non pertinenti al thema probandum e non utili ai fini dell’accertamento dei fatti, così da scongiurare una lesione/compressione del diritto alla disponibilità esclusiva del “patrimonio informativo” “sproporzionata” rispetto alle esigenze d’indagini e, dunque, illegittima.

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