Bancarotta e compensi degli amministratori.

I compensi degli amministratori sono determinati spesso senza nessuna logica e possono condurre ad un fatto penalmente perseguibile in capo allo stesso amministratore con il concorso del professionista che lo assiste.

Con riferimento alla condotta dell’amministratore di società di capitali che prelevi somme dalla cassa sociale per pagarsi i compensi si è dato seguito all’orientamento secondo cui si configura il reato di bancarotta per distrazione nel caso in cui i prelievi fatti in assenza di una previsione statutaria o, in alternativa, di una delibera assembleare di determinazione dei compensi siano sostanzialmente in linea con i compensi spettanti agli amministratori di società simili a quella dichiarata fallita e congrui rispetto al lavoro prestato in base a parametri vari quali l’orario di lavoro osservato, i risultati raggiunti, i compensi eventualmente corrisposti a precedenti amministratori (Sez. V, n. 17792 del 23/2/2017, Rossi, Rv. 269639). Di contro la stessa sentenza ha chiarito che risponde del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione e non di quello di bancarotta preferenziale, l’amministratore che, in assenza di delibera assembleare che stabilisca la misura dei suoi compensi, prelevi somme in pagamento dei crediti verso la società in dissesto, la cui congruità non sia fondata su dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata e oggettiva valutazione.

 

 

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