I doveri del debitore nel nuovo codice della crisi.

Il codice della crisi introduce dei principi già contenuti nel diritto civile  come quello della buona fede ed individua una serie di doveri delle parti, il debitore, i creditori e le autorità preposte alla gestione della crisi d’impresa. La violazione di tali doveri comporterà inevitabilmente l’azione di risarcimento del danno subito per responsabilità contrattuale e in alcuni casi l’azione potrà spingersi fino a quella extra contrattuale, derivane da fatto illecito.

Con ordine s’individuano i doveri dei diversi attori nell’ambito della crisi d’impresa:

Il debitore, qualificato come imprenditore individuale, deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte; l’imprenditore collettivo deve adottare un assetto organizzativo adeguato ai sensi dell’articolo 2086 del codice civile, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione d’idonee iniziative.

Innanzitutto il Legislatore qualifica i soggetti interessati come “parti”. Il termine non è utilizzato solo per gli accordi e il concordato, che sono dei contratti, a cui sono applicabili tutti i principi generali dei contratti previsti dal codice civile, ma a tutti gli strumenti regolatori della crisi, nessuno escluso, compresa anche la liquidazione giudiziale.

Tra i doveri che l’imprenditore deve assumere, quando è in bonis, è di adottare un assetto organizzativo adeguato per la sua struttura aziendale, in modo da poter prevenire in anticipo il verificarsi della crisi, di conoscere la situazione di squilibrio economico, finanziario e patrimoniale e di governarli con dei correttivi ed evitare la conseguente crisi. Il mancato adeguamento dell’assetto organizzativo, in funzione alla dimensione dell’impresa, potrebbe essere considerato un fatto illecito nei confronti dei terzi e comporterebbe un’azione di responsabilità da parte dei creditori e dei soci, nei confronti dell’imprenditore individuale o dell’organo amministrativo della società. La stessa relazione illustrativa pone l’accento sulla responsabilizzazione esplicita del debitore per la mancata adozione diretta e precoce rilevazione del suo stato crisi, per porvi tempestivamente rimedio.

L’assetto organizzativo deve essere creato in modo da far emergere tempestivamente lo stato di crisi, mediante gli indicatori di cui all’art. 13 del codice della crisi. Ma chi organizza l’impresa e controlla per l’imprenditore individuale o collettivo? Alla domanda non può essere data una risposta generica, ma dovrà essere articolata in funzione delle dimensioni delle imprese. Nelle piccole realtà produttive il sistema di controllo è assente. La riforma contribuirà a renderlo obbligatorio, anche se è un bisogno fisiologico. L’imprenditore di piccole dimensioni percepisce spesso il sistema di controllo di gestione solo come un costo e soprattutto pensa di conoscere la dinamica aziendale con il solo controllo della gestione commerciale. Questo dovere, imposto dal codice della crisi,  qualificherà le imprese di piccole dimensioni, in termini di cultura aziendale e di conoscenza degli strumenti di management, con l’obiettivo di poter controllare, non solo la gestione commerciale, ma soprattutto il ciclo produttivo, finanziario, economico e patrimoniale dell’impresa.

Il codice della crisi ha modificato e contribuito a individuare un assetto amministrativo minimo che un imprenditore collettivo deve avere. Infatti il Legislatore ha modificato con l’art. 375 l’articolo 2083 del codice civile, che prevede un obbligo per le società, non per gli imprenditori individuali, d’istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa. Gli scopi della struttura organizzativa è di rilevare con tempestività la crisi e la perdita della continuità aziendale. L’imprenditore collettivo dovrà attivarsi senza indugio per risolvere, con gli strumenti messi a disposizione dell’ordinamento giuridico, la crisi e ripristinare se è possibile la continuità aziendale.

Tale obbligo è entrato in vigore dal 16/3/2019 ed ha forza di legge anche con gli strumenti attuali previsti dalla vigente legge fallimentare.

Non si comprende perché l’imprenditore individuale è stato escluso dal novellato art.2083 del codice civile. Forse il Legislatore ha voluto escludere le imprese individuali di piccole dimensioni, rispetto ai soggetti che operano in forma societaria o collettiva. Non è sempre valido questo ragionamento, si pensi ad esempio alle società a responsabilità limitata con capitale sociale pari a €.1, che possono essere più piccole delle realtà individuali. Quest’ultimo, rispetto a quello collettivo o societario,  non deve adottare un sistema organizzativo, atto alla rilevazione della crisi d’impresa, ma dovrà parimenti individuare le misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e di assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte. L’imprenditore individuale dovrebbe quindi rilevare la crisi senza strumenti e allora, a maggior ragione, pur non essendo previsto dalla norma del codice della crisi, l’imprenditore individuale dovrà creare l’assetto organizzativo identico alle imprese collettive e societarie. In caso contrario dovrebbe rilevare dei sintomi delle crisi senza gli strumenti necessari.

Per le realtà imprenditoriali strutturate sarà obbligatorio a questo scopo individuare il modello organizzativo, già previsto dalla Legge 231, con il fine d’individuare le responsabilità per i violazione dei doveri imposti dall’art. 3 del codice della crisi.

Per le imprese che non hanno un’organizzazione interna, sarà il professionista, in genere il dottore commercialista che dovrà organizzare il sistema di controllo e monitorare gli indicatori di cui all’art.13. Tale funzione potrà sicuramente creare nuove prerogative ai professionisti in parola, ma saranno fonte di rilevanti responsabilità in caso di violazione dell’art. 3 del codice della crisi. Le responsabilità, ivi previste, potrebbero essere imputabili ai professionisti che dovessero svolgere tali funzioni o che non avessero consigliato all’imprenditore l’adozione di specifici assetti organizzativi, atti alla tempestiva rilevazione dello stato di crisi.

Lascia un commento