L’equilibrio patrimoniale: composizione e struttura di fonti e impieghi.

L’equilibrio patrimoniale è relativo alla composizione e ai rapporti reciproci tra beni aziendali, visti come un complesso unitario colto in un determinato istante della gestione. Esso è essenzialmente prospettico, in quanto le informazioni che si traggono dall’analisi della struttura aziendale sono interpretabili alla luce di ipotesi future. I vincoli di complementarità esistenti tra i beni aziendali destinati congiuntamente alla produzione, favoriscono la formazione di un giudizio sintetico, mediante il quale il complesso dei beni viene espresso come aggregato unitario di valori. Sul piano logico, tale operazione è possibile attraverso la traduzione dei beni in misure monetarie mediante i prezzi e valori quantitativamente omogenei e aggregabili sintetizzati nel capitale lordo di funzionamento o attività. In generale i beni sono esprimibili in valori entro un intervallo che va dal valore storico di acquisizione a un valore prospettico di realizzo diretto o indiretto. L’ottica prudenziale prevede una naturale tendenza verso la scelta di valori storici, anche se l’opzione cade su valori prospettici qualora questi siano inferiori ai primi. L’equilibrio patrimoniale è dunque di tipo istantaneo, in quanto riferito ad un fondo, pur accogliendo ipotesi dinamiche. La costituzione del capitale lordo di funzionamento presuppone la disponibilità all’interno dell’azienda di risorse finanziarie necessarie al reperimento dei beni aziendali. Il capitale di risparmio in quantità limitate può anche essere gestito direttamente dal soggetto possessore, mentre se di maggiori entità sarà gestito da istituzioni specializzate. I fabbisogni finanziari delle imprese possono essere classificati in due categorie: 1) capitale circolante, recuperabile nell’esercizio; 2) capitale fisso o immobilizzato, recuperabile in via pluriennale. La copertura di questo fabbisogno può provenire con capitale di rischio, o con capitale di terzi ottenuto a breve scadenza dalle banche ordinarie, o a medio lungo termine mediante gli istituti di credito a medio lungo termine. Affinché si rispetti la condizione di equilibrio patrimoniale occorre che i fattori produttivi a lungo ciclo di utilizzo come gli impianti, i macchinari o gli automezzi, proprio perché destinati a permanere per lungo tempo nel patrimonio dell’impresa, devono essere finanziati da capitali che saranno rimborsati a medio lungo termine, mentre, viceversa, i fattori produttivi a breve ciclo di utilizzo devono essere finanziati da capitali che saranno rimborsati nel breve termine.

L’esistenza di rapporti ottimali tra capitale proprio e capitale di debito, in altre parole si hanno se l’impresa è sufficientemente capitalizzata, ossia dotata di adeguati mezzi propri. In una situazione ottimale l’indebitamento non deve superare l’importo del capitale proprio; un eccessivo ricorso al capitale di debito non solo comporta il pagamento di interessi passivi che possono alterare la redditività, ma compromette anche la crescita futura dell’impresa che troverà difficoltà nel reperire nuovi capitali perché i finanziatori potranno nutrire seri dubbi sulle sue effettive possibilità di rimborso.

La condizione patrimoniale di equilibrio prospettico si configura nella generale ed indistinta correlazione tra finanziamenti di capitale proprio e di credito e investimenti. L’equazione patrimoniale a valori, può essere rappresentata nella seguente formula:

A = P + N (9)

dove A è capitale lordo investito o attività, P= capitale di credito o passività, N= capitale netto con vincolo di proprietà. Il grado di solidità patrimoniale è tanto maggiore, quanto più grande risulta il differenziale tra attivo e passivo:

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N = A – P > 0 (10)

Inoltre, il rapporto tra il capitolo a titolo di terzi e il capitolo proprio definisce il grado di indebitamento, vale a dire il rischio finanziario dell’impresa: P/N dove P≥1 e N<1; il caso limite è quello del deficit patrimoniale:

A – P < 0 (11)

La struttura patrimoniale di un’azienda equilibrata presenta un capitale circolante netto e un margine di struttura positivo; tale margine se maggiore di zero indica la capacità di autocopertura del capitale fisso da parte di una fonte permanente e non onerosa come il capitale netto.

Per poter effettuare adeguate analisi del patrimonio si deve procedere a una riclassificazione delle fonti e degli impieghi. In particolare le fonti dovranno essere raggruppate nel patrimonio netto, che rappresenta una parte di finanziamento permanente, passività consolidate, e passività correnti, comprendenti anche i ratei passivi e i risconti passivi. Gli impieghi, invece, dovranno essere raggruppati nell’attivo immobilizzato, al netto dei fondi ammortamento, rimanenze, crediti e disponibilità liquide.

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