L’interposizione fittizia.

L’interposizione fittizia  stabilisce, per effetto di accordo precedente o contestuale alla stipula di un contratto, che quello di essi che è chiamato a concludere con un terzo, non è effettivo destinatario degli effetti che vanno a riversarsi nella sfera giuridica del partecipe dell’accorso simulatorio.

Più chiaramente, l’interposizione fittizia è simulazione relativa soggettiva e si sostanzia in un accordo a tre tra alienante, acquirente e terzo che appare titolare e si distingue dall’interposizione reale, accordo a due che non rientra nel fenomeno simulatorio, ma nel mandato o più genericamente nel fenomeno dell’interposizione gestoria, poiché l’interposto contratta con il terzo in nome proprio con l’obbligo di ritrasferire i diritti all’interponente.

Tratto distintivo della interposizione fittizia, allora, è la necessaria partecipazione del terzo all’intesa tra interposto e interponente; non occorre un trasferimento poiché per effetto dell’accordo a tre già sussiste un’intesa dissimulata che vale ad attribuire direttamente gli effetti nella sfera giuridica dell’interponente (diversamente dall’interposizione reale che richiede il ritrasferimento)

In quanto accordo a tre, discusso è stato in giurisprudenza il litisconsorzio necessario del terzo nell’azione di simulazione: è il caso del venditore tizio che stipula contratto di vendita del bene con caio (interposto), sapendo che per effetto della simulazione il vero bene sarà trasferito a sempronio (interponente)

A tal proposito, le Sezioni Unite (S.U. 11523/2013) hanno affermato, in merito, che nella simulazione relativa della compravendita effettuata per interposizione fittizia dell’acquirente, l’alienante, terzo rispetto all’accordo simulatorio (venditore), non è litisconsorte necessario se nei suoi riguardi il negozio è stato integralmente eseguito e manca ogni suo interesse ad essere parte del giudizio, per i principi del giusto processo, ragionevole durata del processo  e effettività della tutela.

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