La crisi aziendale nel modello di riferimento.

Il concetto di disfunzione si differenzia da quello di crisi aziendale; la presenza di disfunzioni non implica necessariamente uno stato di crisi. La nozione di crisi aziendale può partire dalla verifica dell’ipotesi secondo la quale un’azienda è in crisi quando non soddisfa le condizioni che regolano il suo equilibrio economico. L’equilibrio economico di un’azienda può essere definito dalle seguenti condizioni:

  1. che la gestione consenta risultati economici tali da permettere un’adeguata remunerazione di tutti i fattori che fanno parte dell’azienda;
  2. che detti risultati economici consentano anche un’adeguata remunerazione del soggetto economico;
  3. che vi sia garanzia di detti risultati per un intervallo temporale che possa considerarsi soddisfacente.

Il verificarsi o meno dell’equilibrio deriva dall’andamento della gestione e, cioè, da quel sistema di operazioni nel quale continuamente si combinano fattori produttivi e forze interne, quali umane, meccaniche, tecniche e finanziari, ed esterne, ossia del mercato, del credito, sociali o politiche, all’azienda stessa.   possibile determinare un livello minimo di equilibrio, al di sotto del quale le predette condizioni non si verificano; è anche possibile calcolarne un livello medio, tenendo conto di varie realtà aziendali; è, ancora, possibile determinare un livello separato di economicità. A partire dal livello minimo si estende quindi un’ampia fascia di possibilità: la nozione di equilibrio non è, quindi, sintetizzabile in un determinato risultato, ma fa riferimento a risultati che possono oscillare lungo una fascia di variazione che va da un minimo ad un massimo. Il punto di massimo equilibrio di raggiunge qualora tutti i fattori produttivi e le forze interne aziendali funzionano al massimo della loro potenzialità e le forze esterne coadiuvassero anch’esse al massimo grado. In tal caso ci si troverebbe in una situazione di assenza totale di disfunzioni ma tale situazione è considerata un’ipotesi astratta, in quanto difficilmente verificabile nella realtà. Possiamo quindi affermare che si ha una situazione di crisi quando l’azienda non è in stato di equilibrio economico; quando cioè i suoi risultati economici si trovano al di sotto del livello minimo di equilibrio. A riguardo, però, è opportuno effettuare le seguenti considerazioni: il raggiungimento del livello minimo di equilibrio economico non costituisce, di per sé, un motivo sufficiente per giudicare conveniente.

L’istituzione di un’azienda, o la continuazione della sua attività produttiva. La condizione di equilibrio minimo è, una condizione, il cui verificarsi, può non escludere il verificarsi di una crisi. Nel contempo il non verificarsi della condizione di equilibrio non implica necessariamente l’esistenza di una situazione di crisi. Ad esempio, nel periodo di avviamento di un’azienda raramente il livello minimo di equilibrio può essere raggiunto, tuttavia non per questo l’azienda può considerarsi in crisi.

Può, dunque, verificarsi che l’azienda sia in crisi pur trovandosi in stato di equilibrio economico, o viceversa che non lo sia pur trovandosi in stato di squilibrio. Inoltre considerato il dinamismo dell’equilibrio aziendale, quando si parla di crisi occorre affiancare all’esame dello stato dell’azienda quello delle prospettive della stessa; solo così si potranno esprimere dei giudizi sella salute o sulla crisi della stessa. In giudizi di questo tipo è fondamentale osservare la tendenza dell’azienda: partendo da una data situazione, potrà tendere verso l’evoluzione o l’involuzione dell’equilibrio economico. Ci si potrà trovare in stato squilibrio, ma con tendenza verso l’equilibrio, o in stato di equilibrio, con tendenza verso un equilibrio più alto, o ancora in stato di equilibrio, ma tendenti verso lo squilibrio10. Ad esempio se raggiunto un certo grado di redditività, un’azienda tende a ridurne il livello, sarà plausibile scorgere un sinonimo di crisi, mentre se un’azienda, pur trovandosi con pesanti perdite, dimostra, dopo aver attuato le opportune ristrutturazioni, una costante ripresa, nulla farà presagire l’eventualità di una crisi in detta azienda. Nelle indagini tendenti all’accertamento di una crisi, l’analisi della tendenza dei risultati economici acquista un’importanza notevole rispetto all’osservanza dello stato di economicità.

La presenza di disfunzioni in azienda non rappresenta di per sé un sintomo della crisi in atto; questa si sviluppa quando esse sono tali, da compromettere, in tempi più o meno brevi, l’equilibrio economico dell’azienda. La dimensione economica non è l’unica dimensione del finalismo aziendale; l’equilibrio economico non può considerarsi solido e duraturo se non accompagnato da una forte tensione competitiva e da un forte consenso e coesione degli interlocutori attorno all’impresa. Le finalità economiche, pertanto, non possono non congiungersi con quelle competitive e sociali, le quali insieme vanno a costituire un’unità indissolubile. Se queste tre dimensioni costituiscono un’unità, intendere il concetto di crisi in relazione ad una soltanto di esse, quella economica, appare quantomeno parziale. Occorre ampliare il concetto di equilibrio economico, fino ad arrivare ad un concetto di equilibrio che contempli tutte e tre le dimensioni del finalismo aziendale, ossia al concetto di equilibrio complessivo.

Nel disegno strategico di un’impresa di successo, deve essere necessariamente presente una sinergia fra le tre dimensioni del finalismo aziendale: buoni risultati economici alimentano più elevate prospettive competitive, gli effetti dell’aumentata competitività rispondono a beneficio dei risultati economici, nonché delle attese degli interlocutori sociali, interni ed esterni all’azienda, l’aumentato consenso nei confronti dell’azienda si ripercuote sulla sua redditività e competitività. Analogamente, dei risultati economici scadenti, non consentono a lungo di mantenere e migliorare il livello di competitività; ciò danneggia l’economicità stessa della gestione, creando contemporaneamente tensioni all’interno della struttura, le quali contribuiscono a peggiorare ulteriormente la redditività. Possiamo quindi affermare che, come le sinergie fra le tre finalità collaborano, sull’impulso di risultati positivi, a spingere verso l’alto il livello di equilibrio globale della gestione, le medesime sinergie operano in senso opposto, sotto la spinta di risultati negativi. Il meccanismo delle relazioni causali fra le diverse dimensioni può costituire una chiave di lettura, e quindi di interpretazione e di giudizio circa l’andamento dell’azienda. Il moto in questione è frutto della combinazione di forze interne all’azienda e di forze esterne che si sviluppano nell’ambiente generale in cui essa opera.

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