La dichiarazione fraudolenta legittima il sequestro dei beni sociali.

Se il commercialista ha presentato una dichiarazione fraudolenta per conto della società, scatta il sequestro sui beni sociali. È la conclusione alla quale è giunta la Corte di Cassazione con la sentenza del 30 aprile 2019, n. 17840, con la quale la stessa ha respinto il ricorso presentato dall’amministratore di una cooperativa.

 Il ricorrente non contestava che le somme sequestrate alla società, da lui rappresentata, costituissero profitto del reato. Tuttavia, rilevava l’estraneità della cooperativa dal reato, e quindi l’ingiustificata misura del sequestro preventivo adottato nell’ambito del procedimento penale. Nonostante la difesa abbia provato a sostenere la tesi che il legale rappresentante della società beneficiaria della condotta fraudolenta del commercialista fosse persona terza rispetto al fatto a essa ascritto, la Cassazione ha evidenziato come non possa essere definito estraneo colui il quale, presentando la dichiarazione fiscale fraudolenta, concorra materialmente nel reato. Tanto più che l’ente che trae profitto dall’altrui condotta illecita non può mai essere considerato estraneo al reato ai fini della confisca diretta del profitto medesimo.

Infine, va tenuto conto che la confisca, come misura di sicurezza patrimoniale, si può applicare anche nei confronti di soggetti (come le società) che sono sforniti di capacità penale. Nuovamente, ciò si riferisce al fatto che l’estraneità al reato esige che la persona cui appartengono le cose non abbia partecipato con attività di concorso: ma, nel caso in esame, il reato commesso dal professionista era stato commesso il concorso con il rappresentante della società.

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