Il prezzo di vendita.

La formazione del prezzo di vendita è uno dei problemi più complessi. La complessità deriva da un elevato numero di variabili di cui è necessario tenere conto nel processo di determinazione del prezzo.
Spesso accade che il costo unitario di prodotto, che influenza il prezzo di vendita, a sua volta dipende dalla quantità venduta. Infatti, il costo include anche i costi fissi, la cui incidenza unitaria è in funzione del volume di produzione. In presenza di tale complessità nella pratica aziendale vengono adottate diverse tecniche di determinazione dei prezzi: ad esempio, “metodo del costo totale” che consiste nel calcolare il prezzo di vendita sommando al costo
pieno del prodotto un certo importo a titolo di utile sperato. Tale grossolano metodo di determinazione del prezzo di solito viene successivamente “ritoccato” in seguito alla risposta del mercato.
Di conseguenza, la scelta del prezzo di vendita dipende da una serie di variabili:
– l’analisi dei costi dell’azienda;
– l’esame ed il confronto con il prezzo della concorrenza;
– lo studio della relazione tra risposta del mercato e variazioni attese nei prezzi;
– dal margine positivo atteso tra ricavi e costi.
Il margine positivo:
p – cv = m dove p = prezzo di vendita, cv = costo variabile unitario, m = margine
unitario di contribuzione
Nella prassi aziendale si è affermato il procedimento del cost-plus-pricing,
consistente nel formulare il prezzo unitario di vendita partendo dal costo pieno
di prodotto ed aggiungendo ad esso una certa percentuale a titolo di utile
sperato. Dal momento che il costo pieno è calcolato sommando al costo
industriale una quota di spese amministrative, commerciali e generali, il procedimento è giudicato vantaggioso perché garantisce la copertura di tutti i costi ed il conseguimento di un margine di utile prestabilito.
COSTO ECONOMICO-TECNICO
Costo pieno
+ eventuale stipendio direzionale (a)
+ interesse di computo (b)
+ eventuali fitti figurativi (c)
——————————————————
+ compenso per il rischio (profitto atteso)
= prezzo di vendita
Se il costo economico-tecnico = prezzo i ricavi saranno sufficienti per compensare
a, b, c, è tuttavia necessario aggiungere una quota al costo economicotecnico
per remunerare anche il rischio sopportato dall’imprenditore (n.b. un
settore rischioso come quello delle ICT richiede una remunerazione più alta).
Una critica da muovere al principio del cost-plus-pricing è che esso non tiene in alcuna considerazione né le reazioni della domanda né quelle della concorrenza.
Fondamentale è valutare le caratteristiche del mercato, cioè la presenza  di elementi concorrenziali o monopolistici. Alcune aziende stabiliscono il prezzo di mercato, altre si uniformano completamente a quello fissato dai
concorrenti, altre, ancora, pur subendo in qualche misura il prezzo esistente,
sono in grado di influenzarlo parzialmente.
Nel processo di formazione dei prezzi le condizioni di mercato in cui l’impresa opera giocano un ruolo determinante per quanto riguarda il volume delle vendite; il comportamento dei consumatori, le reazioni della concorrenza ed i
costi di produzione rappresentano soltanto un termine di paragone.
Comunque in un mercato sempre più perturbato è necessaria una composizione concorrenziale dei costi. Questo perché il costo rappresenta il limite inferiore per la grandezza “prezzo”, che poi si traduce nel potenziale profitto
per l’impresa. Nel fare questo l’azienda dispone di una certa discrezionalità a livello strategico, potendo attestare il prezzo massimo ad un livello tale da escludere la concorrenza potenziale, così da evitare meccanismi di entrata sul
mercato di nuove imprese.
Quindi nel processo di formazione del prezzo di vendita il mercato gioca un ruolo determinante, per cui l’ imprenditore o il management non può basarsi unicamente sulla considerazione di circostanze interne, quali sono i costi di produzione. Tale considerazione può ricevere una qualche attenuazione soltanto, quando i mercati sono caratterizzati dalla presenza di rilevanti elementi
monopolistici.

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