Seconda sezione 24 aprile 2019, n. 17535/2019 ricorrente: c. confisca.

Confisca per equivalente- Reati tributari- Importo delle sanzioni-  Esclusione.

In tema di reati tributari, il valore assoggettabile alla confisca per equivalente è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, che costituisce profitto del reato di omesso versamento dell’IVA di cui all’art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, e non può avere ad oggetto le sanzioni dovute a seguito dell’accertamento del debito. In altri termini, nei reati dichiarativi, connotati dall’evasione di imposta, o nei reati di omesso versamento, la sanzione tributaria rientra nel concetto non di “profitto”, ma di “costo” del reato, che trova origine nella commissione dello stesso e, di conseguenza, la commisurazione della confisca anche sull’importo della sanzione tributaria deve ritenersi illegittima dovendo il profitto essere individuato nella sola imposta evasa: il solo risparmio che ottiene il contribuente infedele.

La pronunzia si pone nel solco dell’indirizzo consolidato: cfr. Sezione Terza, n. 28047/17, CED 270429. Solo apparente è il contrasto con Sezioni Unite, n. 18374/13, CED 255036 secondo cui il profitto confiscabile può anche consistere nel mancato pagamento delle sanzioni dovute a seguito dell’accertamento del debito tributario. Tale principio è stato infatti affermato in relazione alla peculiare figura delittuosa di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000- sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte- rispetto a cui, una volta maturati interessi e sanzioni, l’attività distrattiva dei beni, finalizzata a rendere infruttuosa la procedura di riscossione, comporta un “risparmio di spesa” che concerne anche tutti gli accessori esigibili dal fisco.

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